mercoledì 22 dicembre 2010

Principio Maschile e Principio Femminile


La trasformazione in Uomo Reale

L’antica sapienza dell’India così parla dell’Uno nelle Upanishad:
<<Si guardò intorno e nulla vide di diverso da se medesimo “QUESTO SONO IO”, furono le prime parole che pronunciò. Egli ebbe paura. Perciò ha paura chi è solo. Ma poi pensò “Di chi dunque ho paura, se nulla vi è all’infuori di me”. Quindi gli passò la paura. Egli non era contento. Perciò non è contento chi è solo. Egli sentì il desiderio di un altro.
La sua grossezza era allora quella di un uomo e di una donna abbracciati. Egli si scisse in due parti. Così ebbero origine il Principio Maschile ed il Principio Femminile>> .
Nella cultura cinese l’Uno si identifica con il Dao. La più chiara definizione del Dao ci viene da Lao Tze: << Il Dao produce l’Uno.L’Uno produce il due (Yin Yang).Il due si manifesta come tre.Il tre produce i diecimila esseri>>.
Quindi la manifestazione,il tre,è possibile solo se l’energia dell’Uno si trasforma in due : Yin Yang,le due forze complementari ed opposte che permettono l’apparizione della vita.
Ogni manifestazione della realtà,compreso l’essere umano, è determinata dalla contemporanea e contestuale presenza di queste due forze (yin yang).
Non esistono yin e yang assoluti.
La Creazione si manifesta continuamente attraverso il Principio Maschile (Volontà), attivo, centrifugo, ed il Principio Femminile (Intelligenza), passivo, centripeto. L’agire e l’accogliere, interagenti in ogni individuo.
L’uomo e la donna evolvono attraverso la comprensione, la consapevolezza e la manifestazione armonica di entrambi i Principi all’interno di sé, tramite l’esperienza esterna della relazione, ossia nel rapporto di coppia.
In questo mondo, nel quale viviamo e siamo, l’uomo contemporaneo esprime energie femminili distorte faticando a manifestare energia maschile, mentre la donna esterna energie maschili distorte con relativa carenza per quello che riguarda le energie femminili: ma cosa significa in pratica? Le donne prendono troppe decisioni (che non spetterebbero a loro) ed è per questo che sono così tese, così nervose… Altresì gli uomini sono così remissivi, sempre stanchi… e non è cosa buona, tutt’altro…
Non si tratta di un problema di identificazione nei ruoli di vittima e/o carnefice, illusione alquanto diffusa. Nessun essere umano è indifeso rispetto ad influenze e/o poteri esterni, ma lo è relativamente alle parti della sua coscienza frazionate, disarmoniche, non ancora riconosciute, accolte e trasformate.
In questo mondo non c’è più rispetto per l’uomo né per la donna, a partire da noi stessi.
Quello che possiamo cercare di sviluppare, costruire e comprendere è il ruolo di un uomo che sia uomo e di una donna che sia donna, in grado di rapportarsi nel modo più costruttivo e armonico possibile.
L’uomo e la donna evolvono attraverso la comprensione, la consapevolezza e la manifestazione armonica di entrambi i Principi all’interno di sé, tramite l’esperienza esterna della relazione, ossia nel rapporto di coppia.
Ora, nella misura in cui nella coscienza dell’essere umano albergano odio, ostilità, repulsione, etc., non importa se a livello plateale o mascherato, il principio maschile attraverso la volontà produce distruttività, nell’uomo come nella donna. Si tratta della cosiddetta distorsione del potere connotata dall’aggressività in tutte le sue forme, gradazioni e degradazioni, più o meno manifesta, ma comunque produttiva di effetti. Il rifiuto di assumersi le proprie responsabilità riguarda invece il principio femminile nella dimensione in cui l’attitudine all’accoglienza ed alla arrendevolezza non sono motivate da intelligenza e fiducia nella vita, ma dalle paure e dalle insicurezze; parliamo allora di distorsione dell’amore con una comportamentalità connessa alla sottomissione, anche qui con infinite dinamiche e modalità, in entrambi i sessi.
Abituiamoci allora a considerare consapevolmente che il comportamento è originato non dalle maschere, che fungono da protezione, ma da ciò che sta sotto ad esse. Quindi i reali moventi rappresentano le cause, per lo più non riconosciute (mascherate), che generano i relativi effetti, per forza di cose, sgraditi (“l’ignoranza è la fonte della sofferenza” afferma il Buddha). È necessario quindi disattivare le radici di questi processi per acquisire la capacità di un utilizzo creativo ed armonico della volontà facendosi carico delle proprie responsabilità. E ciò è direttamente proporzionale ad una crescente innocuità che è presenza attiva e gioiosa, utile alla vita. La vera spiritualità sta nel divenire uomini e donne più completi, in fin dei conti, ed è per questo che l’evoluzione passa anche attraverso la ricerca di relazioni di tipo più avanzato. Essere, o meglio, divenire forti e al contempo responsabili non è un optional, ma l’obiettivo dell’esistenza stessa: l’uomo e la donna perfetti che consentono l’adombramento dell’Anima sulla personalità, una possibilità tangibile oggi.
L’uomo deve imparare ad armonizzare il principio femminile in sé, se vuole attivare costruttivamente quello maschile, e la donna deve attivare quello maschile per arrendersi a quello femminile: una straordinaria complementarietà. In altre parole, la relazione può essere veramente gratificante nella misura in cui all’interno di ognuno dei partners il maschile ed il femminile interagiscono in armonia. Si trasla dalla contrapposizione e dal conflitto all’unione e alla integrazione delle coscienze frazionate e fratturate. Quando i due Principi si riconciliano, le due forze apparentemente opposte si protendono verso una sola meta, la manifestazione dell’Amore, dentro e fuori di noi.
Sia gli uomini che le donne, dunque, attraverso la relazione, devono riconoscere, purificare, trasmutare l’aggressività del potere basata sull’egoismo nonché imparare ad assumersi le proprie responsabilità sciogliendo le dipendenze. Molto più “comodo”, certo, addossare la colpa della propria insoddisfazione, frustrazione, a questo o a quello e soprattutto all’altro, ma il disagio “stranamente” ritorna…
All’interno del singolo individuo poi i due principi si compensano vicendevolmente nelle distorsioni, in quanto, pur nella necessaria imperfezione, ci deve sempre essere un equilibrio (nello squilibrio); laddove si manifesta iperattività in certe aree del polo maschile, parallelamente si svilupperà un’eccessiva passività in altre aree del polo femminile e/o viceversa, non si sfugge. Considerati i due Principi e le loro implicazioni, potremmo dire che qualunque problematica è connessa in qualche modo con la nostra virilità e/o con la nostra femminilità, semplicemente perché la creazione funziona in questo modo: ad unum convergere, in sanscrito yoga.
Divenire, maschile, volontario, ed Essere, femminile, involontario.
Quindi, quando si afferma che la donna oggi esprime energie maschili distorte si intende una manifestazione di tagliente aggressività molto diffusa, a danno di una difficoltà ad esprimere dolcezza ed accoglienza mentre dall’altra parte l’uomo cede il passo ad una passiva mansuetudine che non esprime certo la volizione, unitamente alla temperanza, che dovrebbero caratterizzarlo. Questo a causa delle reiterate erronee interpretazioni ed applicazioni di superiorità maschile ed inferiorità femminile. Il movimento storico che ha visto la donna affrancarsi da una condizione esteriore di sfruttamento e oppressione ha avuto come successivo sviluppo la ricerca da parte della donna di un’identità diversa, ma con la tipica aggressività distorta del maschile, che non ha certo favorito l’espressione delle sue qualità e potenzialità interiori. L’uomo, sentendosi aggredito, ha reagito di conseguenza.
Assistiamo quindi ad una compensazione disarmonica delle energie maschili e femminili dentro e fuori ognuno dei partners attraverso un’inversione dei ruoli. Ovviamente questa è una delle tante modalità possibili presa ad esempio. L’opposizione dinamica tra uomo e donna tiene conto degli elementi dell’uno e dell’altro, giorno dopo giorno, favorendo sintesi e armonia tra mascolinità e femminilità, anche individualmente. Prevale invece largamente la sola opposizione, reiterata, cristallizzata, nella miopia della personalità avida: “Devo essere amato come dico io…”.
Tutti, indistintamente, cercano amore, per come possono, ma invece di fare la propria parte, si pretende dagli altri, dall’altro, perché ci è dovuto, e l’altro, nella misura in cui disattende alle pretese-aspettative, diviene il nemico, l’avversario.
Il nodo poi alla fine qual è? Il bisogno di affermarsi, che include la competizione, la prevaricazione, quando da sempre l’obiettivo unico ed imprescindibile è imparare ad amare. Occorre riconoscere il piacere legato al male; il male è distorsione (momentanea) del bene e quindi anche del piacere. E c’è anche piacere, purtroppo, nell’allontanare, nel respingere, nel castrare, nel soffocare l’altro. Riconoscere l’altro, dunque, calarsi nei suoi panni, togliere attenzione da sé, consente progressivamente di esprimere qualcosa di diverso. Maggiore virilità, maggiore femminilità; stare lì, dunque, non scappare di fronte alle difficoltà, non tradire, ma congiungere, unire, attraverso la presenza, la comprensione, l’azione; sanare le fratture, attraverso l’altro, con l’altro, dentro di noi, maschile e femminile, e fuori di noi, cosi è. Non è fuggendo che si sanano le ferite; invece di recriminare, si dovrebbe accogliere; l’illusione del male è la facilità, la linea di minor resistenza, è pretendere tutto senza dare nulla. E da dove si parte? L’insoddisfazione è la molla. L’umana specie è caratterizzata dall’impossibilità dell’unione perché la coscienza ancora si ribella. E del resto se non ci fosse la sofferenza chi si preoccuperebbe di crescere, di migliorare?
Invece di pretendere di cambiare gli altri, bisogna tornare a sé, alle cose che gli altri ci fanno vedere che  sono in noi e che dobbiamo cambiare. In particolare, la relazione (quanto più stretta tanto meglio) offre la possibilità di risolvere quei legami, di comprenderli per armonizzarli, consente di integrare, unire (dentro ognuno di noi in primis). Ricordiamoci che finché c’è conflitto, c’è del non risolto.
Dove vi è limite, restrizione, ignoranza, generanti sofferenza e quindi lamentela e recriminazione, non possono manifestarsi il buono, il bello, il vero.
Allora prendiamo l’iceberg dalla punta visibile e penetriamo quel limite e quella restrizione che sono in noi, cercando di superarli.
In realtà la donna, per avere fiducia, deve avere al suo fianco un uomo “vero”, e lui per potere agire deliberatamente e creativamente deve avere una donna responsabile e accogliente. Dobbiamo crescere come grandi uomini, grandi donne, nel modo di essere, amare, sapere, recuperando il nostro ruolo e perseguendo così la realizzazione della nostra reale identità.
Quanto più si è liberi, tanto più si è compassionevoli. La castrazione tipica delle relazioni è la paura di mostrare la vitalità, la sensualità e l’erotismo reciproci. Ci si fa un gran male a vicenda. E invece bisogna ritrovare il piacere del gioco, della vita, dell’incontro. Vogliamo fare in modo che sia il piacere l’obiettivo, e non la sofferenza. La recriminazione respinge e alimenta la distorsione anche nel partner, altro che stimolo al cambiamento… Dal disprezzo bisogna passare all’apprezzamento ed evitare il disprezzo a tutti i costi.
Noi, che ci lamentiamo tanto di chi abbiamo vicino, se fossimo un po’ più solerti (e soprattutto disponibili), capiremmo che l’altro ci fa vedere il maschile e il femminile in noi, e allora forse quella lamentela ci potrebbe ricondurre alle radici del nostro odio e guidarci nel percorso inverso e quindi all’umiltà, al desiderio di comprendere, alla capacità di amare.
Sussistono, a tutto ciò, vie di fuga molto diffuse e praticate, in particolare l’isolamento e il tradimento, comunque sfaccettature dello stesso aspetto:
IL NON VOLER ESSERCI.
Ma per “esserci” devi diventare CONSAPEVOLE.
E le vie che portano alla “consapevolezza” sono infinite.
Nessuna è migliore dell’altra.
Devi soltanto trovare il coraggio, in te, di individuarla e percorrerla.
Perché è il solo modo per determinare il proprio sviluppo interiore,per trascendere l’ordinarietà,per comprendere chi sei,cosa vuoi,dove vai…
E’ l’unica strada che porta alla tua “realizzazione” :
LA TRASFORMAZIONE IN “UOMO REALE”
L’uomo “reale” è colui che decide di staccarsi dalla “ordinarietà dell’Essere”. L’uomo ordinario è caratterizzato da una falsa personalità formatasi nel corso della sua esistenza dalle influenze che riceve dall’esterno: famiglia, educazione, società, religione etc.  Questa falsa personalità consente all’uomo di vivere esclusivamente in maniera meccanica, come un automa.
Noi riteniamo di essere la “personalità” che ci costituisce. Ma essa è fatta da funzioni che col tempo sono state forgiate nel crogiuolo della società, della religione, famiglia, educazione etc.
L’uomo ordinario medio è uno schiavo incosciente interamente asservito a disegni di origine universale estranei alla propria individualità. Può restare tutta la vita così come è nato e come è stato formato, sotto l’azione di influenze di ogni tipo, poi come tale, dopo la morte, essere distrutto per sempre. Al tempo stesso ha una possibilità di liberarsi attraverso un percorso evolutivo che consiste in un “lavoro su se stessi” che si articola sulla simultaneità di azione sul corpo emozionale, sul corpo fisico e sul corpo mentale.
Il lavoro sul corpo emozionale
Le influenze esterne governano le funzioni del corpo fisico dell’uomo ordinario, le quali incideranno su tutte le altre funzioni: l’uomo ordinario, infatti, avrà un mondo interiore emotivo (corpo emozionale) estremamente vulnerabile, preda di manifestazioni negative provenienti dall’esterno. Le emozioni negative  non hanno di per sé un centro reale che le produce, non possono essere prodotte da cause esterne, esistono perché le accettiamo, le giustifichiamo, attribuendole a cose esterne.
<<…non esiste assolutamente una sola ragione inevitabile per cui l’azione di qualcun altro o qualche circostanza debba produrre un’emozione negativa in me! È soltanto la mia debolezza. Nessun’emozione negativa può essere prodotta da cause esteriori se noi non lo vogliamo. Abbiamo emozioni negative perché le permettiamo, le giustifichiamo, le spieghiamo con cause esterne e in tal modo non lottiamo contro di esse. Bisogna smettere di concepire che qualcuno possa avere potere sul nostro stato emozionale! >>
L’uomo “reale” prende coscienza dell’importanza estrema che assume la “non espressione delle emozioni negative”, sul suo percorso evolutivo. La non espressione delle emozioni negative non corrisponde alla loro soppressione, ma consiste nel trovare le ragioni, nel pensare correttamente, perché l’espressione delle emozioni negative è sempre basata sul pensiero erroneo, sull’ “identificazione” che è una manifestazione di tal pensiero. Quindi il controllo delle emozioni è un processo mentale. Tutte le possibilità di sviluppo evolutivo sono contenute nel vincere e trasformare le emozioni negative.
<< …dobbiamo smettere di reagire interiormente! >>
Il lavoro sul corpo mentale
Il lavoro sul corpo mentale è il lavoro sull’intelletto: pensare in maniera nuova, positiva, creare un pensiero corretto permanente, creare nuovi punti di vista, distruggere le illusioni. La mente dell’uomo è continuamente impegnata in pensieri incontrollati. Il lavoro consiste nel cercare di esercitare un controllo su di essi che a sua volta determinerà il controllo su altri aspetti della vita (emozioni, azioni, movimenti incontrollati, etc.). La mente va focalizzata sugli scopi che spingono l’uomo a “lavorare”. Se l’uomo ricorda il suo scopo, ci pensa, trova un numero sempre maggiore di ragioni, la sua volontà si muoverà in un’unica direzione e sarà più forte.
<<… dobbiamo creare un centro di gravità permanente >>
Ciò avviene quando il “lavoro” occupa il posto principale nella vita. Se le cose sono semplici non vi è attrito, se ci sono ostacoli al “lavoro” ci sarà attrito. Bisogna scoprire cosa ostacola il lavoro e lottare, bisogna sforzarsi e lo sforzo sarà la “moneta” che pagheremo, perché se vogliamo ottenere qualcosa dobbiamo “pagare”, perché questo crea energia.
<<si ottiene in proporzione di quanto si è disposti a pagare.>>
Il lavoro sul corpo fisico
Il cambiamento del proprio stato di consapevolezza presuppone anche un’azione sul corpo.
I centri intellettuale, emozionale, motorio, lavorano in un uomo ordinario sempre simultaneamente, sono interdipendenti: cioè un certo tipo di pensiero è inevitabilmente legato ad un particolare tipo di emozione (o stato d’animo), ed ad un certo movimento (o postura). Quindi un certo tipo di emozione fa scattare dei movimenti o determinai pensieri, così un certo tipo di movimento ( o posizione del corpo) fa sorgere emozioni determinate, stati d’animo particolari. Spesso le possibilità di far “lavorare” in modo nuovo i centri consiste col cominciare con il centro motore, cioè con il corpo. I movimenti e le pose controllano la forma del pensiero e la forma del sentimento, così come il tipo di movimento e le pose sono legati a determinate forme d pensiero e sentimento. Tutte le pose motrici, intellettuali ed emozionali sono collegate tra loro, dipendono le une dalle altre. L’automatismo dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti corrisponde esattamente all’automatismo dei nostri movimenti. Ognuno di questi automatismi non può essere cambiato senza cambiare gli altri.
Ma il lavoro sul corpo fisico si concretizza soprattutto nella realizzazione di una condizione di rilassamento.
Osho ci trasmette che: << …l’osservazione distaccata e consapevole distrugge la mente.Devi semplicemente rilassarti in qualsiasi cosa sei e vedere semplicemente ciò che è,senza alcuna interferenza della mente,cioè senza alcuna interpretazione di ciò che vedi o vivi…>>.
Si diceva,sopra,che  “le vie che portano alla consapevolezza sono infinite”.
Percorrendo una di queste “vie”,la mia via,il mio sentiero di ricerca e di realizzazione,ho trovato sui miei passi qualcosa che apparentemente sembrava un ostacolo,ma che poi,lo stesso stato di rilassamento acquisito,rafforzando in me la sensazione di “io sono qui ed ora”,si è rivelato uno strumento essenziale per la mia “crescita” :
La OSHO DIVINE HEALING ARTS
Dott. Michele Annunziata

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