In condizioni ordinarie l’uso della nostra mente si concretizza attraverso un processo di “immaginazione”,produciamo e proiettiamo cioè su ogni oggetto o persona con cui entriamo in relazione,pensieri legati all’affettività o alla razionalità.
Così facendo ci costruiamo un “mondo nostro”,una “realtà nostra” : questa cosa o quella persona è bella,l’altra è brutta;questa è simpatica,l’altra antipatica;questa interessante e culturalmente valida,l’altra no e così via.
Questo tipo di “immaginazione” è nient’altro che una rappresentazione effettuata dal nostro “io”,basata sull’affettività e sulla razionalità,e riflessa su ciò che osserviamo,che diventa in tal modo una rappresentazione tutta personale.
E ,se c’è diversità tra “io”,ci sarà diversità tra “immaginazioni”.
Ci saranno realtà diverse come diversi sono in “punti di vista”,i “modi di vedere le cose”,come diverso è il “percepire”.
L’uomo ordinario ha il solo corpo fisico col quale vive come un automa,meccanicamente.
Subisce le influenze esterne:famiglia,educazione,società,religione etc.,formando una falsa personalità che avrà funzioni emotive (emozionali) che potremmo definire “ inferiori”: desidero – non desidero – mi piace – non mi piace. Ed avrà funzioni mentali “inferiori”, costituite da un processo mentale (pensieri) completamente automatico,basato su associazioni,non arrestabile. La volontà “ superiore “ manca,avendo solo volontà inferiori,derivanti dai desideri. E saranno volontà più forti o più deboli per la maggiore o minore permanenza dei desideri.
Saranno molteplici volontà per quanti saranno i desideri ed i diversi “ io “.
Molteplici volontà,molteplici “io”,molteplici realtà.
Analoghi concetti li trovo in un articolo, pubblicato sulla rivista “Re Nudo”,a cura di G.Tarozzi:
Secondo la tradizione Kahuna delle Hawaii,ogni uomo vive in una realtà che è la rappresentazione esatta delle proprie convinzioni,della propria mente,del proprio inconscio.
Ciò di cui siamo convinti non solo influenza,ma determina la “nostra realtà”.
Così ognuno vive una realtà diversa da quella di chiunque altro.
Questi concetti esprimono molto chiaramente il significato e l’importanza data nei secoli dalle dottrine religiose ed esoteriche, al “pensiero positivo”,presupposto necessario per il raggiungimento dei vari livelli evolutivi dell’uomo.
Ed in questo contesto concettuale,a mio avviso,ben si inserisce oltre al pensiero positivo (il quale meriterebbe una trattazione a parte che esula dalle finalità del presente articolo) il cosiddetto
EFFETTO PLACEBO
Si parla di effetto placebo quando si ritiene che l’efficacia di un medicinale o di un determinato trattamento,sia influenzata dalla profonda fiducia che,chi si sottopone a quel trattamento,ripone nei confronti di quel trattamento stesso o verso colui che lo pratica.
Relazionando l’effetto placebo con la concezione Kahuna,nasce una possibilità:
l’efficacia di un sistema terapeutico può dipendere proprio dall’effetto placebo e non dalle proprietà intrinseche di un farmaco o di un dato trattamento.
Sicuramente il farmaco ha un intrinseco “potere”,cioè ha un effetto sull’organismo attraverso le interferenze coi suoi meccanismi biochimici.
Ma come si può spiegare il fatto che l’efficacia terapeutica viene valutata in termini di percentuale di “successo” su un determinato numero di soggetti su cui il farmaco è stato sperimentato,e che queste percentuali di successo non raggiungono mai il 100% ?
C’è qualcosa che sfugge al ricercatore.
C’è una soggettività,nella sperimentazione,inserita tra le righe dell’oggettività.
Il “successo terapeutico” potrebbe dipendere dalla profonda convinzione che il soggetto trattato ha nei riguardi dello stesso trattamento terapeutico cui si sottopone.
Questa convinzione potrebbe rappresentare l’innesco,la messa in moto di una reazione,interna all’organismo stesso,che configurerebbe un meccanismo di auto guarigione.
L’effetto placebo,quindi,può essere inteso come la risultanza di un certo modo di percepire le cose,come il prodotto di una realtà sentita e vissuta in maniera soggettiva.
Il modo di vedere le cose,il modo di essere,il modo di percepire le cose e i fatti,le proprie credenze ed aspettative,creano e sostengono un certo Campo energetico.
L’Energia crea le forme,attira gli atomi che risuonano a quella vibrazione energetica.
Questi atomi si aggregano determinando la manifestazione oggettiva di quell’iniziale ed invisibile Energia. Prende, così,forma la Materia.
E,con la materia,si manifesta la Realtà,che necessariamente dovrà essere diversa da persona a persona,in quanto diversi sono i modi di percepire,vedere,contattare e sentire le cose e i fatti della vita.
Così come diverse saranno le qualità energetiche e le rispettive vibrazioni.
Diverse qualità avranno gli atomi che le diverse qualità energetiche attireranno.
Differenti saranno le materie formate,e differenti saranno le realtà vissute.
E’ così che l’effetto placebo assume una sua sostanzialità,un suo spessore,mettendo in discussione il concetto stesso di malattia.
Se sono affetto da una determinata patologia,che rappresenta un dato di fatto,una certezza obiettivabile,una realtà oggettiva e soggettiva,posso pensare me stesso come il “creatore” della mia realtà che nella fattispecie comprende la realtà di quella patologia.
E,se ho “creato” la mia realtà e quella patologia,posso cercare nuovi modi di vedere e di essere,posso provare a percepire le cose in modo diverso,posso tentare di modificare la realtà che vivo,e tutto ciò che in essa è contenuto.
Posso innescare le mie risorse di auto guarigione .
E sarà il mio nuovo modo di relazionarmi alle cose e ai fatti ad indicarmi il sistema terapeutico che sarà magneticamente attratto dalla stessa patologia in me agente,attraverso quel meccanismo sopra descritto.
Infatti,in magnetismo,le polarità opposte si attraggono,e così la polarità-patologia attrarrà l’opposta polarità terapia-guarigione.
Se si pensa in questo modo si è portati ad estendere il pensiero: la malattia e l’ammalarsi sono una “creazione” soggettiva che nasce da un certo modo di pensare,vedere,sentire le cose,che determina una certa realtà. Questa realtà materializza tutto ciò che quel “sentire” ordina e dirige,sia per quanto attiene al corpo fisico,sia per quanto circonda e possiede la persona.
A questo punto il dubbio arriva spontaneo: chi o cosa è il medico?
Evidentemente egli,in questa concezione,riveste il ruolo di tramite,di strumento di trasmissione di impulsi energetici che non emanano dalla sua essenza. Certamente i suoi studi,la sua esperienza,la sua sensibilità e le sue capacità saranno fondamentali per trasferire nel mondo oggettivo ciò che non è per niente una sua soggettività,bensì dei semplici impulsi energetici che sono invece emanati dai pazienti stessi che tratta. Impulsi energetici che si materializzeranno,attraverso i vari sistemi terapeutici,nella guarigione,che sarà una auto guarigione se quel paziente è profondamente convinto della validità di quel trattamento.
Il medico assume il ruolo di titolare di quelle tecniche diagnostiche-terapeutiche,che fanno di lui un medico,nelle quali sono custoditi quei tipi particolari di atomi che saranno attratti dall’energia-intento di guarigione.
Auto guarigione che rappresenterà,così,la manifestazione del sottovalutato e denigrato “effetto placebo”.
Dott. Michele Annunziata
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